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Nel 1992 partendo, da Milano, noi di Mani pulite scoprimmo una piaga sociale che doveva e poteva essere curata. Siccome nessuno la ha voluta curare in vent’anni è diventata un cancro. Non ci stanno più i pubblici ufficiali che prendono i soldi dai privati. Adesso li prendono direttamente dalle casse pubbliche e quando vengono pizzicati tirano fuori qualche leggina che si sono fatti apposta per legalizzare il furto. Vent’anni fa, i politici si servivano della criminalità organizzata e la usavano per i lavori sporchi. Ora, come abbiamo visto a Milano, è la criminalità organizzata che usa la politica.
Ma lamentarsi è inutile. Qui bisogna solo chiedersi come se ne esce. Secondo me ci tireremo fuori solo facendo molte cose diverse, ma tutte imprescindibili. Prima di tutto bisogna che i politici sospetti di corruzione lascino immediatamente tutte le loro cariche. Il problema non è se Formigoni si dimette o no. Il problema è perché non si è ancora dimesso.
Poi bisogna fare leggi drastiche: ineleggibilità dei condannati, divieto di accedere a posti nell’amministrazione nazionale o in quelle locali per gli imputati, divieto di partecipare alle gare d’appalto per le aziende condannate per corruzione. Allo stesso tempo ci vogliono misure contro la corruzione serie e severe, non come quelle che ha appena varato il governo: quelle alla corruzione fanno tutt’al più il solletico. Deve essere ripristinato il falso in bilancio, vanno allungati i tempi della prescrizione, deve essere introdotta la fattispecie di autoriciclaggio e deve essere reintrodotto la concussione per induzione.
Ma nemmeno questo basta. Dobbiamo anche, come giustamente dicono le preghiere, evitare di indurre i politici in tentazione. Fino a che ci sarà un tesoro chiamato finanziamento pubblico, ci sarà anche chi non resiste alla tentazione di metterci le mani sopra. Abolire il finanziamento pubblico, come chiediamo noi dell’Italia dei Valori con il referendum per cui abbiamo iniziato ieri a raccogliere le firme, è il cancello e la porta d’ingresso per qualsiasi politica efficace contro la corruzione.
Noi abbiamo chiesto anche, nel nostro secondo quesito referendario, di abolire la diaria, cioè il doppio stipendio per i parlamentari. Tutte queste cose vanno insieme: i nostri referendum e quelli sul lavoro per cui con tutto il comitato referendario stiamo raccogliendo le firme. Si tratta della medesima medaglia. Si tolgono diritti ai lavoratori e si penalizzano i poveracci in modo da permettere alla casta, ai privilegiati e ai corrotti di continuare a fare quel che fanno da sempre: depredare il Paese.
Su questi referendum i giornali hanno scritto pochissimo. Non perché sono poco importanti ma al contrario, perché sono importantissimi e quindi i padroni dell’informazione non hanno interesse perché se ne parli. Gli è andata e gli andrà male. Nel primo giorno di raccolta, nonostante il silenzio stampa, abbiamo raccolto migliaia di firme.
E’ merito dei nostri militanti, ed è merito della rete che anche stavolta, come nei referendum del 2011, straccia il bavaglio della stampa di regime e permette di diffondere in modo orizzontale, libero e democratico le informazioni. Grazie alla rete anche l’informazione sta tornando a essere quel che non era più: un bene pubblico.
Scusate, ma, credo come molti, non è che legga sempre tutti i commenti.
Alle volte faccio una rapida ricerca col mio nome per vedere se qualcuno mi ha menzionato.
A Matteo voglio semplicemente dire che per me non è sufficiente un bilancio come quello presentato dall’IdV.
Non per il fatto che tale bilancio in sé, magari confrontato con altri bilanci, o con altri “non bilanci”, non possa farci la sua bella figura, ma per il fatto, invece, che, per certi versi, e “versi” importanti, è un po’ come se si volesse ridurre il tutto ad una formalità espletata.
Io faccio una prima grande divisone, circa la gestione dei soldi pubblici da parte dei politici. E in questa prima distinzione, non riesco a trovarci una grande differenza tra il politico che con 10.000 euro va con gli amici a mangiare ostriche e champagne, e il politico che con 10.000 euro ci finanzia un progetto del piffero, sul tipo: “Il censimento dei piccioni in città”, per foraggiarci, così, la propria consorteria di partito, il proprio vivaietto di voti.
In altre parole, il problema grosso, di fondo, vero, è un altro: più grande della certificazione e pubblicazione di un bilancio; e dentro questo problema più grande, certo ci sarà anche una questione di trasparenza sul bilancio di un partito.
Addirittura la certificazione di un bilancio potrebbe essere il modo elegante per blindarlo e renderlo impermeabile!
Tanto per accennare la cosa: la RAI, è o non è, un ente lottizzato?
In TV, abbiamo avuto o non abbiamo avuto occasione di vedere organici negli ospedali, nelle università, dove, tra parentadi e sodali di casacca, c’era chi, dentro tali strutture, faceva il proprio comodo, accaparrandosi tutto ciò di cui riteneva aver bisogno?
Io direi di sì!
Se la RAI è lottizzata, come escludere che non lo possa essere anche un’intera città? Un’intera città dove i politici, con le dovute cautele, rispettando la forma, come per un bilancio pubblicato, o per un bilancio certificato, sistemino, e si sistemino, loro, i parentadi, i sodali di casacca, le consorterie?
Certe volte si ha la nettissima sensazione che per avere ciò che riescono ad ottenere molti altri intorno a te, devi schierarti!
Sapete dove, mi hanno detto, è obbligatorio “schierarsi”?
In galera!
Allora, ad esempio, partendo da una RAI lottizzata: per me, il politico che va a spendere i soldi pubblici per mangiarcisi ostriche e champagne, e quello che invece li usa per darci uno stipendio in RAI, ad un suo protetto, stanno esattissimamente tutti e due fuori dalla mia grazia!
Però, il primo sarebbe un immorale! Mentre, il secondo, potendo esibire una specie di “bilancio certificato e pubblicato”, no!
Faccio ancora un esempio: in un ente pubblico si lascia “distrattamente” “morire” il così detto “centro meccanografico”, “l’antenato” di tutti gli attuali centri di elaborazione dati: quello nel quale alcune “cose” venivano gestite con delle schede e/o con dei nastri perforati.
Fatalmente, però, di un centro così, specie nella sua evoluzione, non se ne può fare a meno!
E allora, quell’ente pubblico che non si è preso l’onere di far evolvere il proprio centro meccanografico in un centro digitale, per sopperire a tale ineludibile esigenza, cosa farà?
Semplice come respirare: si appoggerà ad un privato!
Anzi: farà di meglio!
“Entrerà” in società con un privato! Costituendo, così, una bella “partecipata”!
In tale partecipata, legge voleva fino al 1998, in ragione della parte privata (s.p.a.), le assunzioni avvenissero per chiamata diretta!
Per cui la parte pubblica e quella privata, procederanno tranquillamente col fare tutte le assunzioni che riterranno necessarie!
E poi?
Poi, “a pieno fatto”, cosa accade, ad un certo bel momento?
Accade che il socio privato -guarda caso!- decida di defilarsi!
Il “socio” pubblico, di fronte a tale decisione, cosa fa?
In considerazione del fatto che “quell’ente pubblico non può fare più a meno dello svolgimento di quelle attività, in considerazione del fatto che tutte quelle professionalità conseguite nel tempo, in quello specifico contesto, non le si può disperdere certo disperdere al vento, in considerazione del fatto che non ci sono i tempi per ricostituire una struttura equivalente all’interno dell’ente pubblico, procedendo con assunzioni tramite concorso, e in considerazione del fatto che, con la crisi che c’è, non si possono mettere in mezzo ad una strada centinaia di famiglie… l’ente pubblico spalanca le sue paterne braccia a quei dipendenti di quella partecipata, che sostanzialmente si è scelto lui, e se li mette definitivamente in casa tutti quanti!
Bello, no?
Molto “solidale”!
Ma il concorso, però, quei lavoratori là, mica l’hanno fatto!
Non so se mi sono spiegato!
Ancora come esempio: non è stato lo stesso Di Pietro a denunciare fino a 25.000 trombati della politica “sistemati” nei cda degli oltre 7.000 “stipendifici”, legati a doppio filo con gli enti pubblici?
L’altro giorno, a Report, riferendo della Cassa Depositi e Prestiti, non hanno anche fatto un cenno sulle fondazioni, le quali, prendono soldi pubblici, per poi ridistribuirli alla collettività, ed in questo “gestire” c’è chi, “giustamente”, al loro interno, ci ricava la propria parte?
E a chi devono andare distribuiti, di volta in volta, quei soldi pubblici che una fondazione gestisce, chi lo decide?
La fondazione stessa!
Così come quando vengono finanziati certi progetti “sperimentali”, o per alcuni versi “avveniristici”, così come vengono commissionati studi sulla viabilità, sull’urbanistica, o per il censimento della flora autoctona… non si tratta di soldi pubblici spesi non certo ad ostriche e champagne, ma indirizzati verso chi?
Quando in una provincia (invento!) si dovessero contare 1.000 volontari, per poi scoprire che per 1.000 volontari ci sono addirittura 100 associazioni di volontariato! Con una media di 10 volontari per associazione! E in più, in testa a tutte, la Super Associazione chiamata a coordinare tutte le altre… ma un qualche dubbio che ci sia qualcosa di strano, viene, o no?
“Associazione per la tutela e la difesa del territorio”: ma cosa vuol dire? Che se non ci fosse detta associazione, le montagne se ne andrebbero a spasso per conto loro, e i fiumi cambierebbero continuamente il loro corso?
Ma non c’è già la Forestale, per la tutela e la difesa del territorio?
Però un sede, qualcuno gliel’ha data! E un paio di stanze uso ufficio gliel’hanno arredate! E poi computer, linea ADSL, fotocopiatrice, auto con il logo dell’associazione… ma chi paga?
Faccio un ultimo esempio: i necrologi!
Sfido chiunque a trovare, lì dove vengono affissi i necrologi, due di questi identici, riferiti alla stessa persona ed affissi dalla stessa agenzia di pompe funebri! Ci son stato attentissimo: è cosa che non si verifica mai!
Perché?
Perché il titolare dell’agenzia di pompe funebri deve cercare il miglior compromesso fra il divulgare debitamente la notizia, far pagare il meno possibile a chi gli commissiona il lavoro, e ricavarci, da tutto questo, il massimo che può! Per cui, “uno”, di annuncio mortuario, in una specifica zona di affissione, sarà cosa più che sufficiente.
Ora mettiamo caso che io, invece noti un’altra cosa: per i manifesti riguardanti le attività culturali, ad esempi: su di un unico tabellone preposto all’affissione, di manifesti esattamente identici, ben quattro!
Su ogni tabellone preposto all’affissione, di manifesti riguardanti le attività culturali, tutti quelli che ci si riesce a far stare!
Fino anche a quattro manifesti identici su di un unico tabellone!
E se dopo 50 metri ce ne dovesse essere un altro, di tabellone per le affissioni, ci saranno anche altri manifesti identici appiccicati sopra!
Matteo, lei può dire quello che vuole, sul mio commento (ci mancherebbe altro!), ma mamma, le fette di prosciutto dagli occhi, me le ha tolte sin da quando ero piccolino!
Io, nel posto in cui vivo, ci sono nato! Con le persone del posto in cui vivo, ci sono andato all’asilo prima, e a scuola dopo!
Certi, erano bravi sin dalla prima elementare, e “a prescindere”!
Quando in una famiglia, a cominciare dal padre… il fatto è che non se ne può parlare, di certe cose, proprio perché la forma, il “bilancio certificato”, è rispettata!
Racconto solo un altra “favoletta”.
C’erano due ragazzi, tutti e due laureati, o che si stavano per laureare.
Ad un certo punto, uno dei due viene a sapere di un concorso pubblico per un posto da “sturacessi”, remunerazione bassissima, livello pure, in un paesino sfigatissimo, sul tipo di quello dove Peppone riuscì a mandare Don Camillo, nel quale nessun giovane avrebbe potuto pensare di andare a vivere.
Uno dei due ragazzi, che chiameremo Caio, pensa tra sé: “Ma porca miseria, sto per laurearmi, probabilmente con 110 e lode, perché dovrei andare a finire a fare quel lavoro schifoso, mal retribuito, un un posto così sfigato? Se ho studiato tanto, è perché voglio qualcosa di più, dalla vita!”, e a fare quel concorso, non ci va. L’altro ragazzo, invece, che chiameremo Tizio -guarda caso!-, ci va!
Naturalmente Tizio, praticamente unico “pretende” al ruolo di “sturacessi”, vince il concorso, ed ottiene il posto!
Caio, venutolo a sapere, pensa tra sé:”Stranissima, questa scelta di Tizio… però, se sta bene a lui! Si vede che è poco ambizioso, amante di una vita modestissima e tranquilla! Ognuno fa le proprie scelte!”.
Caio si laurea, ma di lavorare in un ente pubblico, nella sua città, non se ne parla: concorsi non se ne fanno! E così, sta a spasso!
Ma un giorno chi ti rincontra? Tizio!
Sul momento pensa che Tizio sia tornato per qualche giorno di vacanza, ma poi scopre presto come stiano davvero le cose!
Tizio, vinto il concorso da “sturacessi”, ha fatto lo “sturacessi” solo per periodo brevissimo, perché presto, in quell’ente pubblico, han ritenuto più economico affidare quel lavoro ad una cooperativa esterna, pagandola “a chiamata”. Tizio, nel frattempo laureatosi anche lui, ha avuto riconosciuta la sua laurea e, in quell’ente pubblico, di conseguenza, il posto, il livello, la retribuzione che gli competeva! Poi, avendo fatto domanda di ravvicinamento, e trovando questa accoglimento, è potuto tornare nella sua città natale: quando si dice: “La Fortuna!”…
E meno male che si tratta solo di una favoletta!
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L’idea che ho sui referendum, è che firmare quattro quando il quinto, quello sulle pensioni, ci potrebbe avere più titolo di tutti gli altri, ad essere presente, è quella del ladro che ti ha rubato l’auto, e cerca la pacificazione restituendotene le gomme!
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Quanto ad Alberto, col quale mi scuso per non avergli risposto: “Albe’, non mi va male: mi va malissimo!”.
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Nella mappa dei gazebo la provincia di Caserta sembra esclusa-